Istanbul
L'immagine da cui parto per raccontare Istanbul è questa:
Una stazione dei traghetti lungo il Corno d'Oro. Da solo. Un'ora di attesa del traghetto per Eyup, senza aver pranzato se non con acqua e un sacchetto di mandorle.
E' pura libertà quella che, dopo una giornata di pioggia e chilometri percorsi tra quartieri lontani dal clamore del centro, mi permette di perdere del tempo in attesa di un traghetto.
....ad Istanbul.
Istanbul è una fissa che mi porto dietro da tanto. In gioventù i Litfiba mi cantavano "Istanbul baluardo sacro per l'incrocio delle razze e degli uomini. Brucerà!".
Non gli ho dato mai un senso a queste parole, ma c'ho fantasticato a lungo.
Arrivato il fatidico momento di poter arrivare ai confini d'Europa mi sono chiesto: Quanto conosco questa città?! Si, la storia è lunga ed affascinante, ma quanto bisogna approfondire la ricerca?
Come al solito mi sono affidato ai romanzi e "Istanbul" di Pamuk fa rivivere una città ormai perduta nel corso degli ultimi 50 anni, ma non del tutto. Uscire dal centro permette ancora di entrare a contatto con etnie diverse, anche se non sono le stesse che incontrò allora il nobel turco. Camminare tra le vie dove non arrivano se non i curiosi. Entrare nei luoghi di culto in cui desti curiosità, perché non sono abituati a vedere "estranei".
E la mia breve gita ad Istanbul è stata proprio questo: uscire dai "luoghi comuni" per entrare nei quartieri e per questo una guida, trovata fortuitamente a pochi giorni dalla partenza, mi è stata molto d'aiuto. Ho percorso 120 chilometri in 4 giorni! Ed è stato bellissimo perdersi e ritrovarsi numerose volte... qui ad Istanbul.
Sultanahmet
Sultanahmet
Gli itinerari della guida, ovviamente, partivano tutti dai siti più famosi e si addentravano nella città risalendo il filo conduttore della storia.
La visita mattutina mi ha tolto di dosso i fiumi di gente che di solito affollano questa basilica-moschea, lasciandomi spesso solo alla scoperta di questo capolavoro dell'uomo.
La prima cosa che colpisce, ovviamente, è l'immenso spazio coperto, l'imponenza di una costruzione che, grazie a colori scuri e lame di luce, taglia corto il respiro. La suggestione che questo luogo porta con se, il peso della Storia e la soggezione che impone sono ovunque tangibili.
Attraversando la vicina piazza ricavata sull'antico ippodromo (di cui conserva la forma e non solo) ci si ritrova nella parte più conosciuta del quartiere di Sultanahmeth. I tre obelischi che svettano sono la testimonianza degli antichi fasti della capitale bizantina, costruita in fretta ed arricchita con i tesori "acquistati" da tutto il bacino del mediterraneo. L'obelisco di Teodosio proviene direttamente dell'Egitto, dal tempio di Karnak.
La colonna in bronzo poco distante, la colonna Serpentina, proviene direttamente dal tempio di Apollo a Delfi. L'ultima risalente a Costantino il Grande.
Due passi per Sultanahmet sono ciò per cui le persone curiose si mettono sulla strada. Tanta storia concentrata in poco spazio. Meraviglie che, solo dopo averle viste dal vero, se ne può avere una dimensione precisa.
Monumenti e scenari grandiosi come Sultanahmet mi hanno creano spesso un problema serio: Come evitare di perdersi tra tutte queste meraviglie? Come dargli un ordine? Come riuscire a “digerirle” senza avere la sensazione di mescolare tutto e non riuscire a capirci qualcosa?
Bisogna trovare la forza di girargli le spalle! Nel momento in cui si scende in strada, anima e corpo, alla scoperta di quello che fu questa città unica nel suo genere, bisogna avere il "coraggio di non abbuffarsi" e fare le cose con la dovuta calma.
Il profilo di Sultanahmet è dominato, oltre che dalla cupola e i minareti di Agia Sofia, anche dall'inconfondibile simmetria della moschea Blu. Così chiamata per le decorazioni in maioliche di Izmir, blu appunto, domina e definisce il panorama di Istanbul.
Costruita intorno al 1610 per eguagliare, se non superare Agia Sofia in grandiosità, questa splendida moschea impressiona, oltre che per le perfette proporzioni e simmetrie delle numerose cupole, per le decorazioni floreali interne che, illuminate dalla luce che penetra dalle numerose vetrate, investe la sala di un bagliore sorprendente.
Con la moschea blu siamo sconfinati nel "percorso Ottomano" che corre per tutta la città, almeno nella zona antica. Ma resta una tappa imprescindibile del quartiere di Sultanahmet.
La stessa Sultanahmet ha una parte popolare piena di vita, basta allontanarsi verso sud, verso il mare, dalla splendida piazza Almeydani oltrepassare le mura esterne dell’ippodromo, che ci si ritrova tra palazzi popolari, privi di storia ma carichi di umanità.
Un piccolo mercato di frutta e verdura ne è un bellissimo preludio e da qui può iniziare la scoperta dell’ “altra” Istanbul.
Gli abitanti di questi quartieri guardano con poco interesse a chi fuoriesce dai circuiti turistici usuali, e spesso le etnie che si incontrano sono testimoni di una mescolanza nella quale si viene tranquillamente accolti.

Merita una passeggiata anche la zona racchiusa nelle mura marittime, conosciuta come il "quartiere dei baffi bianchi". Splendide case ottomane in legno sono diventate ormai hotel.
Per chi non fosse interessato ad uscire dai "soliti giri", penso che possa valer la pena fare una piccola deviazione per visitare la piccola moschea chiamata "piccola Agia Sofia" (Küçük Aya Sofya Camii). Sotto l'impero bizantino fu la chiesa dei santi Sergio e Bacco, poi convertita in moschea all'inizio del XVI secolo. Un vero gioiello, una Agia Sofia in miniatura!
Due passi per Sultanahmet sono ciò per cui le persone curiose si mettono sulla strada. Tanta storia concentrata in poco spazio. Meraviglie che, solo dopo averle viste dal vero, se ne può avere una dimensione precisa.
Bisogna trovare la forza di girargli le spalle! Nel momento in cui si scende in strada, anima e corpo, alla scoperta di quello che fu questa città unica nel suo genere, bisogna avere il "coraggio di non abbuffarsi" e fare le cose con la dovuta calma.
Il profilo di Sultanahmet è dominato, oltre che dalla cupola e i minareti di Agia Sofia, anche dall'inconfondibile simmetria della moschea Blu. Così chiamata per le decorazioni in maioliche di Izmir, blu appunto, domina e definisce il panorama di Istanbul.
Con la moschea blu siamo sconfinati nel "percorso Ottomano" che corre per tutta la città, almeno nella zona antica. Ma resta una tappa imprescindibile del quartiere di Sultanahmet.
Gli abitanti di questi quartieri guardano con poco interesse a chi fuoriesce dai circuiti turistici usuali, e spesso le etnie che si incontrano sono testimoni di una mescolanza nella quale si viene tranquillamente accolti.
Merita una passeggiata anche la zona racchiusa nelle mura marittime, conosciuta come il "quartiere dei baffi bianchi". Splendide case ottomane in legno sono diventate ormai hotel.
Il Gran Bazar.
Più interessante la zona degli orafi dove, imboccando porte invisibili, si giunge nel cuore stesso del bazar. In questo intricato formicaio decine di persone lavorano in piccoli e bui laboratori, mani sapienti modellano gioielli che poi faranno bella mostra nelle vetrine.
A questo universo si affianca una miriade di piccoli negozi ricavati in spazi angusti: bar, barbieri, calzolai....
A pochi passi di distanza si trova il bazar egiziano (ma di egiziano ha solo il nome), sulle sponde del corno d'oro.
La particolarità di questo bazar sta nelle polveri colorate che affollano quasi tutti i banconi e dall'odore dolciastro di pasticceria che il resto delle bancarelle emanano.
Camminando su Divanyolu caddesi da piazza At Meydani si risale la “spina dorsale” di Sultanahmet, tra palazzi occupati da negozi di ogni tipo, le immancabili pasticcerie e venditori di cianfrusaglie si trovano moschee e tombe di sultani. La moschea Firuz Aga sulla sinistra, l’imponente tomba di Hamid II sulla destra, con la moschea di Koprulu Mehmet Pasa e la tomba di del sultano Mahmud subito difronte. Continuando sulla Divanyolu si arriva alla colonna di Costantino per poi continuare con tombe e moschee per diverse centinaia di metri.
Un viale che, tra il caos di turisti e
negozi affollati, conserva un fascino particolare. La fede, l’islam
e il turismo: sovrapposti ma non mescolati.
Tombe e moschee sono il lascito che
viene dal passato più importante (in termini di tempo e di distanza
da noi, poiché l’impero ottomano ha dominato fino al XX secolo) di
questa città. Se ne trovano disseminate ovunque in tutta la città;
soprattutto le moschee, che con i richiami puntuali dei muezin,
riportano il feeling instaurato grazie alla fatica della scoperta ad
un livello più distante. Qui siamo noi, ma soprattutto ci sono loro:
gli stambulioti.
Fatih:
La Fatih Camii è posta su in alto,
sulla collina che domina il Bosforo ed il Corno d’oro; risalendo la
collina non bisognerebbe tralasciare una pausa su Itfaiye Caddesi. La
via è un susseguirsi di negozi e bar, con uomini tranquillamente
seduti a parlare e sorseggiare tè o caffè e donne, spesso in chador, che stringono i loro figli per mano e si muovono tra le varie
mercanzie per fare acquisti. Qui dimorano i curdi ed il quartiere, al
pari di altri, è pieno di vita.
Balat e Fener
Se invece dal ponte di Galata si
continua sulla terraferma costeggiando il mare, ci si ritrova a
camminare su colline scoscese, strade tortuose che spesso nascondono
perle, seppur grezze.
Santa Maria dei Mongoli |
Il motivo principale per cui, in una giornata di pioggia, si arriva fino in cima alla collina di Balat non può essere che il museo di San Salvatore in Chora. I mosaici ritrovati sotto uno spesso strato di calce si sono conservati fino ai nostri giorni e lo spettacolo che ci regalano, da oltre mille anni di storia, è un vero e proprio spaccato della cultura bizantina. Non a caso quest'antica chiesa, ovviamente convertita in moschea sotto l'impero ottomano, è definita la cappella Sistina di Istanbul.
Beyoglu

Stessa zona altro quartiere: Cukurcuma;
subito a sud di piazza Taksim. Quello che più colpisce, oltre
all’intimità di alcune vie, è la presenza di numerosi negozi di
musica: dischi o strumenti. Inoltre non è facile scovare piccoli e
bui locali che danno l’impressione di rivolgersi più a giovani che
alla popolazione di Istanbul.
Sarà che è mattina presto, ma il
traghetto è pieno di turchi che si spostano per motivi probabilmente
molto diversi da ciò che mi spinge a raggiungere l’altra sponda:
due passi su un altro continente, vedere il cimitero islamico più
grande del mondo, entrare nell’unica moschea esistente al mondo
progettata da una donna e scovare qualche differenza tra due
continenti distanti appena 15 minuti di traghetto.
La moschea Sakirin va vista
assolutamente. Non so se sia il tocco di una donna ad aver scardinato
un punto fisso della religione, il concetto turco di un islam moderno
o semplicemente le scelte che un architetto ha fatto per
rappresentare, nel nuovo secolo, l’islam sulla terra.
Beyoglu
Beyoglu è il “salotto buono” di
Istanbul, almeno se si considera la zona che va dalla torre di
Galata, l’università di Galatasaray e tutta Istiklal caddesi, fino
a piazza Taksim. Siamo nel quartiere un tempo chiamato Pera, nome
affibbiato dai genovesi e che ha a lungo conservato.
Negozi alla moda, gallerie, ristoranti,
palazzi lussuosi e l’immancabile orda di turisti che camminano
indaffarati tra compere, selfie e voraci degustazioni dei tipici
dolci di tradizione ottomana.
Di ben altra pasta sono fatte le zone
marginali. Decadente, ma molto popolare (basta guardare i negozi che
la animano) è la zona subito a ridosso dell’imbarco dei traghetti
di Karakoy, sotto il ponte di Galata, sponda nord del corno d’oro.
La funicolare che porta fino alla torre
di Galata è il mezzo prediletto di chi insegue posti ricordo, ma la
città vive anche negli spazi intermedi.
Che poi basta poco per ritrovarsi in
Bankalar caddesi e scoprire che il progresso, non il nostro, ma
quello del 1800, ha permesso alle banche di trovare qui la loro sede.
Palazzi imponenti si sostituiscono a d un ‘edilizia popolare nel
breve evolvere di un angolo svoltato.
di là
dall’Europa c’è ancora Istanbul. Uskudar è il quartiere
asiatico della città, dove per andare in un continente nuovo bastano
pochi spicci e poco tempo.
Il risultato?
Il cimitero è immenso, sconfinato,
tranquillo… una quiete emozionante.
Forme arrotondate, colori tenui, giochi
di luce e immagini riflesse. Un luogo di culto simile ma distante da
tutti gli altri che ho visitato. La fontana che riflette il cielo
disegna in terra l’ispirazione di tutte le religioni.
Ed infine le differenze che avrei
voluto scovare, ma che sapevo in anticipo che non avrei trovato.
Questa è Istanbul, un incrocio di
razze che, bruciando in più occasioni, è sempre rinata dalle sue
ceneri, più forte e viva che mai.
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